Si è detto e scritto che uno degli effetti del Coronavirus, legato alla permanenza forzata delle persone nei propri domicili, sia stata una decisa crescita dei consumi alimentari e delle bevande, anche a compensazione del blocco quasi totale dei consumi Away From Home (AFH).
La società Nielsen -specializzata nella rilevazione delle vendite presso i negozi della distribuzione moderna e tradizionale- ha recentemente pubblicato i dati relativi al periodo dal 17 febbraio fino al 3 maggio 2020, coincidente con la cosiddetta Fase 1, dall’emergenza sanitaria alla fine del “Lockdown”.
Nelle 11 settimane misurate e raffrontate allo stesso periodo dell’anno precedente, le vendite hanno fatto registrare una crescita del +4,2%, a parità di negozi (Like for Like).
Tutte le grandi aree territoriali del Paese hanno contribuito alla crescita: sopra media il Nord-est (+7,4%) ed il Sud + Sicilia (+5,2%); sotto media il Nord-ovest (+3,5%) e il Centro + Sardegna (+1,8%).
Decisamente più sensibili invece le variazioni a livello di format distributivo: i Self Sevice (negozi a libero servizio tra i 200 mq e i 400 mq) hanno trainato la crescita delle vendite nella GDO con un +26,9%, seguiti dai Supermercati col +12,9% e dai Discount (+7,9%); registrano vendite in calo invece gli Ipermercati (-9,8%) e gli Specialisti Drug (-10,6%). Drammatica la flessione dei fatturati per il Cash & Carry con un -39,8%.
La spiegazione per questi differenti e marcati andamenti è principalmente dovuta:
1) a fattori logistici- il “Lockdown” ha impedito lo spostamento delle persone tra territori comunali differenti, e le grandi superfici come gli Iper ne sono stati immediatamente danneggiati, in quanto l’area di gravitazione di questi punti di vendita è particolarmente estesa e raccoglie utenti fino a svariati Km di distanza; inoltre, l’essere inseriti in grandi centri commerciali, che hanno subito la chiusura forzosa dei negozi, ha creato più un disservizio e ha generato ricadute negative sulla clientela;
2) al distanziamento sociale, che ha imposto la chiusura dei locali pubblici e degli esercizi di ristorazione e catering, ha impattato principalmente il canale C & C;
3) ciò non di meno, anche una componente psicologica ha agito come valvola di sfogo per uscire dalle “soffocanti” mura domestiche, e ha reso lo “shopping trip” una rara occasione di incontro e svago per i responsabili degli acquisti che hanno perciò privilegiato il Super o il Discount o il Self Service più vicini alla propria abitazione.
Ma la più importante crescita in tripla cifra l’ha registrata il canale eCommerce: +144,6% è il valore che hanno registrato le vendite on-line dei prodotti di largo consumo (Conad, per voce del suo A.D., è passata da 9’000 consegne al giorno a 95’000 sul territorio nazionale!); anche in questo caso, la digitalizzazione dei servizi (spesa e pagamenti on-line) e il confinamento domestico molto rigido di alcune località, hanno alimentato il boom di questo canale.
Ma passiamo ora all’analisi delle categorie di prodotto che hanno sostenuto maggiormente questo periodo di crescita delle vendite. I dati che vedremo includono ovviamente anche le cosiddette rotture di stock, cioè l’assenza di prodotto dagli scaffali per mancati o ritardati rifornimenti. Ancora oggi alcuni dei prodotti che citeremo più avanti presentano situazioni di scarsità o di mancanza, in parte dovuta alla filiera della produzione, piuttosto che della distribuzione. Anzi, una cosa si può sottolineare già da ora: il sistema produttivo-logistico-distributivo del Largo Consumo ha tutto sommato retto bene a questo Covid-tsunami. Infatti, ricordiamo tutti le immagini dei primissimi giorni dello scoppio della pandemia, in cui tutti i telegiornali mostravano lunghe file fuori dei supermercati e scaffali vuoti; è stata una situazione alimentata sicuramente dalla paura di restare senza i beni di prima necessità; ma è stata anche una situazione transitoria e rapida, durata pochi giorni se non addirittura poche ore.
Alcune categorie di prodotto sono infatti cresciute, giustappunto in quelle prime settimane, e rappresentano i classici prodotti che si possono stoccare in casa, con date di scadenza lunghe o lunghissime, i prodotti cosiddetti “disposable”, o i prodotti che segnalano una maggiore presenza in casa delle persone appartenenti alla famiglia; assistiamo allora nel comparto “food” alle crescite in fatturato delle Conserve di carne e di pesce (+22,8%), delle conserve “rosse” (pomodori e derivati, +38,9%), del riso (+30,2%), della pasta (+21,7%), dell’olio di semi (+27,3%), dell’olio extravergine d’oliva (+9,1%), del caffè macinato (+17,3%), delle confetture/marmellate (+22,1%) e dei biscotti (+12,5%). Nel comparto “non food” crescono la carta casa (+27,5%), gli avvolgenti alimentari (+41,4%), la carta igienica (+11,9%) e i detergenti per lavastoviglie (+24,5%).
Altre categorie di prodotto sono in forte crescita per l’effetto “Stay at Home” di tutta la famiglia: le farine (+121,5%), il lievito di birra (+106,1%), le uova di gallina (+36,2%), il burro (+44,1%) e ingredienti per pasticceria (+77,8%); ma tutto il paniere dell’”indulgence food” è altresì cresciuto: creme spalmabili dolci (+39,1%), gelati (+22,1%), pasticceria industriale (+24,6%), miele (+41,1%), mascarpone (effetto tiramisù fatto in casa, +65,9%) e patatine (15,9%); infine anche nel comparto bevande si assiste ad un forte sviluppo delle vendite di vino (+11%), birre alcooliche (+12,8%) ed aperitivi alcoolici (effetto “spritz at home”, +14,4%).
Infine crescono tutte le categorie che in un modo o nell’altro risultano impattate dalla maggiore attenzione sanitaria che si riflette in una battaglia al virus con tutti gli strumenti igienici, di prevenzione e di salute disponibili: alcool denaturato (+154%), guanti usa e getta (+128,3%), sapone per le mani solido e liquido (+57,5%), salviettine (+82,5%) e detergenti per superfici (+43,6%).
Ma non sono tutte luci quelle che riguardano il mondo del Food nell’era del Covid-19.
Il recentissimo Rapporto di Mediobanca, mostra un quadro un po’ diverso (cfr. Tabella sottostante).
Quindi l’effetto di crescita delle vendite sulle prime 18 settimane dell’anno trainate dal buon andamento della Grande Distribuzione, nascondono una realtà ben diversa, ove l’impatto del crollo delle vendite per i consumi alimentari AFH, zavorra pesantemente EBIT e utili netti delle aziende del settore, che sono in profondo rosso.
Il Presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio, ha recentemente affermato che questa crisi da Covid-19 sarà per il settore food molto peggiore di quella registrata durante la crisi economica del 2008, in cui i cali furono del -1,9% sul totale delle vendite.
Anzitutto ci si aspetta un forte calo delle vendite a valore dell’Export alimentare e delle bevande, soprattutto verso i mercati ove il “Made in Italy” è molto apprezzato e soprattutto lo sono i nostri prodotti di punta ad alto valore aggiunto.
Poi ci si aspetta una frenata nelle vendite interne, dovute da un lato alla necessità da parte delle famiglie di consumare le scorte accumulate nel corso delle settimane della cosiddetta Fase 1, dall’altro all’erosione del potere d’acquisto delle famiglie stesse, bloccate dalla morsa della montante crisi economica e dalla parallela attesa di scomparsa o fortissima riduzione del business legato al turismo estero nel nostro bel Paese.
Infine anche la produzione vedrà un marcato calo: l’ISTAT ha già certificato con i dati della produzione alimentare di marzo 2020, una flessione del -6,5% a parità di giornate lavorative (e non c’è neanche l’effetto della S.Pasqua, che nel 2019 è caduta il 21 di aprile vs. il 12 di aprile del 2020).
Insomma, molte ombre si cominciano ad allungare sul settore Alimentare e Bevande.
Infine diamo uno sguardo ai consumi di bevande ed alimentari fuori casa (AFH).
Da una indagine di TradeLab pubblicata su Beverfood, sappiamo che questo mercato vale oltre 86 miliardi di Euro e, al netto della quota dei turisti, è frequentato da oltre 40 milioni di italiani che procurano oltre un miliardo di occasioni di consumo al mese a prodotti da prima colazione, per pause di metà mattina e metà pomeriggio, per pranzi, per aperitivi, cene e dopo cena fuori casa.
Parliamo di oltre 300’000 punti di ristoro (bar ristoranti, pizzerie, gelaterie, take away, discoteche, ecc.), di oltre 600 insegne della ristorazione commerciale, di un indotto di 2400 distributori specializzati e di 400 Cash & Carry, per un milione e duecentomila occupati. E’ una filiera che è costituita da aziende multinazionali fino ad arrivare ai piccoli imprenditori locali e familiari.
Purtroppo per questo settore importante della nostra industria nazionale, le norme di distanziamento sociale -più che il lockdown- costituiscono un elemento di tale cambiamento che è difficile immaginare fin da ora come potrebbero cambiare le abitudini dei consumatori.
Esiste una chiara consapevolezza: il ritorno al consumo AFH sarà molto graduale e gli italiani prima di tutto vorranno farlo in totale sicurezza. Quindi il mantra della Fase 2 sarà proprio imperniato su come si riuscirà in modo più o meno creativo a dare queste rassicurazioni ad un consumatore relativamente spaventato (molto più nelle zone di alto contagio, rispetto a quelle di basso) e che, pur sentendo il bisogno di tornare ad una certa normalità, non vuole mettere in pericolo la sua salute per una attività, sì importante, ma relativamente accessoria.
Le generazioni più giovani (Millennials, Z-generation) sono ovviamente quelle che più scalpitano e non aspettano altro che una riapertura dei pubblici esercizi per tornare alle loro apericene, nei sushi-bar o in pizzeria; ma anche le generazioni più mature, dai Baby Boomers alla Generazione X, esprimono un desiderio molto profondo di riprendere alcune abitudini, dalla colazione al bar col cappuccino o il caffè col cornetto, ad un quick lunch all’ora di pranzo in una giornata lavorativa, al brunch domenicale. Quindi i consumi fuori casa sono qualcosa di talmente radicato nelle nostre abitudini da risultare praticamente irrinunciabili, … anche se, … con la crisi economica ormai alle porte, il 39% degli italiani si dichiara molto preoccupato per la propria situazione personale e pensa già che potrebbe essere costretto a contenere le spese per i propri consumi AFH.
Le nuove regole per i gestori, ma anche le richieste che molti avventori formuleranno, renderanno un cantiere aperto alla sperimentazione di nuove modalità di frequentazione dei locali: più spazi all’aperto anziché al chiuso, distanziamento e minore affollamento, evitare le ore di punta e rimodulazione degli orari, asporto e delivery ad integrazione dell’offerta tradizionale, riprogettazione degli spazi interni, ottimizzazione dei servizi igienici, produzione da ripensare in ottemperanza ai vincoli di sicurezza imposti dalle norme sanitarie, formazione del personale sulle nuove modalità operative e molto altro ancora. Senza dimenticare che si dovranno alla fine far quadrare i conti economici dell’attività. E sicuramente verranno premiati quei locali più proattivi e creativi nel trovare il bilanciamento di tutte queste esigenze.
L’indagine ha anche messo in evidenza che il 45% della clientela punterà sulla fiducia e la conoscenza diretta e personale del gestore; anche la frequentazione avverrà in una prima fase restringendo molto la cerchia del gruppo con cui si frequenteranno questi locali: amici stretti e familiari. Assisteremo ad una ripresa della socialità, ma in ambito molto più intimo e meno allargato.
Insomma, per dirla con le parole dell’A.D. di Burger King, il settore della ristorazione dovrà fronteggiare un anno difficilissimo; però i fondamentali di questo business nel lungo periodo sono ancora con un outlook positivo e quindi vale la pena stringere la cinghia e trovare soluzioni temporanee di resilienza.
In conclusione, esiste una consapevolezza abbastanza ben radicata che la Fase 2 sarà lunga e non priva di ostacoli; la voglia di normalità è tanta, ma nessuno si illude che si potrà tornare “sic et simpliciter” alla vita di prima. La Fase 2 sarà un grande test, dove ciascuno di noi è chiamato ad assumersi una bella responsabilità; le tentazioni di lasciarsi rapidamente alle spalle questa terribile pandemia sono tante e bisognerà saper resistere, soprattutto nel rispetto degli altri e poi di sé stessi.