Il mercato dei soft drinks

I consumi delle bibite e delle bevande base frutta, hanno mostrato negli ultimi anni un andamento fortemente caratterizzato dal cambiamento climatico delle temperature medie, soprattutto durante i mesi estivi. Bere, per l’essere umano, è una necessità fisiologica; il clima influenza direttamente questa necessità. Al crescere delle temperature ambientali, il nostro organismo richiede l’assorbimento di liquidi, che sono dispersi attraverso processi fisiologici (reintegrazione dei liquidi); bere è quindi un elemento di sopravvivenza. Tuttavia nel tempo, ad una funzione primaria del bere (sete = alla base dei bisogni della piramide di Maslow), si sono aggiunti altri bisogni, basati sulla relazione sociale e soprattutto sui bisogni del sé.

 
La maggiore attenzione agli aspetti salutistici della nostra alimentazione, spinge molti consumatori a ridurre i consumi di bevande zuccherate e la conversione a quelle con un minor contenuto di zuccheri o senza zucchero non compensa i cali cui assistiamo da qualche anno a questa parte. Il giro d’affari supera i 3,7 miliardi di euro e le quantità pro-capite sono intorno ai 62 litri/anno (Fonte: Beverfood.com 2016). Le vendite –come si diceva- sono caratterizzate da una marcata stagionalità estiva, ma con il progressivo modificarsi delle temperature medie verso l’alto, ne ampliano temporalmente la durata. I consumi sono fortemente improntati dall’andamento del comparto più importante del mercato che è quello delle bibite gassate (60% a volume), che però nel 2016 hanno raggiunto il valore più basso degli ultimi 20 anni attestandosi ad appena 38 litri/anno pro-capite (agli ultimi posti in Europa). Interessante la proposta dei produttori per cercare di rispondere a questo trend negativo: oltre al “Sugar Free” già citato, esiste oggi un’offerta di bibite provenienti da ingredienti biologici o di gusti più tipici della tradizione italiana e mediterranea (chinotto, bergamotto, caffè, sambuco, mirto). Il comparto delle bibite lisce (16% a volume) è dominato dal the freddo pronto da bere (la seconda bibita in Italia più consumata dopo la cola), che con le sue varianti di gusti fruttati, con l’inserimento dei the verdi e del deteinato ha rafforzato l’offerta al pubblico. Infine il settore degli energy & sport drink (4% a volume) continua a crescere moderatamente, con forti interscambi tra i due segmenti (ultimamente gli energy drink –grazie a forti investimenti promo/pubblicitari nel mondo sportivo- hanno creato una forte competitività nei confronti degli sport drink più tradizionali (bevande isotoniche) . Il comparto dei succhi e delle altre bevande base frutta (20% a volume) è in una fase regressiva, con un consumo pro-capite di appena 13 litri/anno (nelle ultime posizioni della graduatoria europea); sono soprattutto i segmenti dei succhi e nettari a perdere volumi a vantaggio di altre bevande base frutta con un minor contenuto di frutta ma con una più ampia gamma e spiccata originalità di gusti. I succhi 100% sono ancora una parte minoritaria dei consumi non riuscendo ancora a modificare le abitudini degli italiani in alcune occasioni canoniche (per esempio la prima colazione). Lo sforzo innovativo posto in essere dagli operatori della categoria, non si è tradotto in un aumento sostanziale dei consumi, ma più semplicemente in una variazione del mix venduto.

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